I due volti di Grace (5)

I due volti di Grace (5)

La giornalista Oriana Fallaci racconta la vita segreta della principessa di Monaco.

Dicono i bene informati che per lei Ranieri sta meditando di trasformare il principato in un regno. Se non è vero, è tuttavia un segno esplicito di come l’opinione pubblica guardi romanticamente al più straordinario matrimonio del dopoguerra.

di Oriana Fallaci

Solo l’impenetrabile signora che oggi tace nel suo palazzo di Monaco sa con precisione ciò che avvenne nel cervello e nel cuore di Grace Kelly dopo avere rivisto Ranieri il giorno di Natale del 1955. Ma il racconto dei suoi genitori e delle persone che le furono vicine ci permette di ricostruire in modo nuovo ed esatto le gelide formalità di quel fidanzamento. Non è vero, anzitutto, che dopo la serata trascorsa in casa di Peggy scoppiasse fra Grace e Ranieri un amore fulmineo. Non è vero che Grace disse alla madre: “Darling, mi sono innamorata del principe”. È vero, invece, che Ranieri si sentì attratto da questa ragazza più di quanto credesse e che, nei giorni seguenti, cercò di frequentarla in una misura non prevista dall’etichetta. Era già sorprendente che Ranieri avesse accettato di dormire, per una notte, in casa dei Kelly. Ma la mattina dopo, appena sveglio, Ranieri fece qualcosa di più: invitò Grace a mangiare in campagna sola con lui.

Grace accettò e i due rimasero insieme fino all’ora di cena quando Ranieri tornò a Wilmington. L’indomani, però, l’auto di Ranieri era nuovamente dinanzi al 3901 di Henry Avenue e il fatto che padre Tucker e il dottor Donat lo scortassero come due angeli custodi non sminuiva tanta impazienza. Padre Tucker gongolava come una novizia che ha ricevuto i complimenti della madre superiora: annunciò che avrebbero fatto colazione, insieme a Peggy e a suo marito, al Filadelfia Country Club. La sera, il gruppo era ancora compatto e andò a cena in casa di Lizanne. A mezzanotte padre Tucker e Donat trascinavano Ranieri a Wilmington (mamma Kelly aveva di nuovo proposto a Sua Altezza di dormire in casa loro ricevendo un’occhiataccia del prelato) ma, all’alba di mercoledì, Ranieri era già pronto ad accompagnare Grace a New York dove lei avrebbe preso alcune lezioni di canto prima di girare il film Alta Società. Qualcuno chiese a Peggy qual era, durante questi incontri, l’atteggiamento di Grace e del principe. Peggy rispose: «Grace appariva disinvolta: infatti fu la prima a chiedere al principe di chiamarla Grace anziché miss Kelly. In cambio lei lo avrebbe chiamato col diminutivo di Ray. Il principe non faceva che guardarla e parlava pochissimo continuando ad allargarsi il colletto come se soffocasse. Ebbi l’impressione che mancassero entrambi di spontaneità. Del resto non rimasero mai soli se si eccettua la gita in campagna. E Grace mi raccontò che in quella occasione avevano discusso soltanto di letteratura e di cinema».

Non andarono soli neppure a New York. Il dottor Donat era in automobile con loro. A New York. Grace andò subito nel suo appartamento e Ranieri a River House, in casa di amici. La sera, però, si recarono a cena allo Stock Club; insieme a Carolyn e Malcom Reynold, conoscenti di Grace. Grace raccontò la trama del suo film e nessuno pronunciò la parola matrimonio. A questo avrebbe pensato padre Tucker. Partendo da Wilmington, Ranieri aveva incaricato il suo confessore di mettersi in contatto coi Kelly per chiedere ufficialmente la mano di Grace. Padre Tucker telefonò a papà Kelly e suggerì di trovarsi il giovedì pomeriggio in casa degli Austin a Margate. Papà Kelly telefonò a Grace e chiese come avrebbe dovuto rispondere. Grace disse: «Ho deciso, papà. Rispondi di sì». Papà Kelly dovette bere alcuni bicchieri di whisky per farsi coraggio. Non che Ranieri gli dispiacesse: ma il brav’uomo non capiva perché quei due avessero bisogno di tanti messaggeri. Quando lui aveva deciso di sposare Margaret, glielo aveva chiesto da solo, senza troppe storie.

Padre Tucker, invece, non bevve nemmeno un bicchier d’acqua. Si sentiva fresco e loquace. Per ore si dilungò a narrare quanto fosse nobile e caro questo Ranieri, e come partecipasse alle riunioni della Croce Rossa, e come un giorno avesse raccolto una colomba con l’ala spezzata portandola personalmente dal veterinario. Padre Tucker disse anche che il principe non voleva la dote di Grace: era in grado di mantenere una sposa coi propri quattrini. Disponeva di ottanta milioni all’anno di lista civile, le spese del palazzo erano a parte, il patrimonio dei Grimaldi età costituito di terre, conti in banca e gioielli: solo la collana, il braccialetto, la spilla e gli orecchini della sovrana avevano ottocento diamanti e settanta rubini. Alla fine, papà Kelly si irritò: «Senta, reverendo: le colombe ferite le raccolgo anch’io e dare una dote non mi spaventa. A me preme soltanto che questo principe tratti bene mia figlia. Affare fatto». Poi chiamò Grace al telefono. Grace attendeva nel suo appartamento insieme a Ranieri e Donat. «Ci bevo su un bicchierino e ti do la mia benedizione», disse Jack Kelly. Grace sorrise e disse: «Grazie, papà». Poi porse il telefono a Ranieri spiegando che papà voleva congratularsi per il fidanzamento. Era la prima volta che pronunciavano apertamente quella parola. Ranieri infilò un dito dentro il colletto, si raschiò la gola come se avesse inghiottito un moscerino, farfugliò una frase di convenienza e poi porse a Grace l’anello coi brillanti e i rubini.

Non si scambiarono nemmeno un bacio. Non dissero nulla di memorabile. Grace stappò una bottiglia di champagne rosé, aggiunse qualcosa di spiritoso e dopo un poco Ranieri parve respirare meglio, smise di raschiarsi la gola. Pronunciando il sostantivo “matrimonio” aveva l’aria di uno che si è tolto un dente ed è grato al dentista. Quanto a Grace, ecco come commentò, un anno dopo, la sua decisione: «Tutto accadde al momento opportuno. Se avessi incontrato il principe due o tre anni prima, e perfino sei mesi prima, probabilmente non avrei acconsentito a sposarlo. Ed io so che nemmeno lui, due o tre anni avanti, mi avrebbe voluta. Certo ero un po’ preoccupata dal fatto di conoscerlo poco e di compiere un atto di audacia. Ma ritenni giusto fare così, anche se rischiavo di fare uno sbaglio. Se avessi fatto uno sbaglio, lo avrei visto dopo». Grace giudicava il suo gesto come “audace” perché non c’era nulla in lui di ciò che aveva cercato negli altri uomini: né la forza, né la disinvoltura, né una eccezionale bellezza fisica. Ranieri non era brillante e spiritoso come Oleg Cassini, non sapeva consolarla come lui. Ranieri non era attraente e profondo come Jean Pierre Aumont, non sapeva guardarla con quella silenziosa dolcezza che “le bucava il cuore”. Ma Ranieri aveva ciò che non possedevano i soli due uomini di cui fosse stata veramente innamorata: un trono. Non le prometteva avventure o passione: ma prestigio e dignità. Per tutta la vita Grace Kelly aveva inseguito il prestigio e la dignità. Le sue ambizioni potevano considerarsi esaudite. «Ed ora», disse Anita Loose quando lesse l’annuncio del fidanzamento, «ed ora, per stravincere, ecco che finisce sui francobolli».

L’annuncio fu dato, in forma semi-privata, il 5 gennaio: al Filadelfia Country Club. Grace indossava un abito di broccato color champagne, era carica d’oro (orecchini d’oro, spilla d’oro, braccialetti d’oro), portava i capelli sciolti e le scarpe col mezzo tacco perché non si vedesse che Ranieri era più basso di lei. Ranieri era vestito di blu, con la cravatta grigia. A destra della coppia stavano i genitori e a sinistra il fratello e le sorelle. Mamma Kelly schizzava soddisfazione anche attraverso il cappellino di mammole finte: sapeva che le sue amiche la invidiavano di cuore. Papà Kelly manifestava la sua contentezza bevendo più whisky del solito: proprio quella mattina, messi in allarme da una notizia ufficiosa, i padreterni di Filadelfia gli avevano regalato la nomina di presidente del Rotary. Grace non aveva mai visto nulla di così pateticamente borghese. Ranieri non aveva mai visto nulla di così scandalosamente americano. I fotografi urlavano: “Baciala, principe. E dài, Ray, non fare lo scontroso. Dalle un bacetto sulla fronte se ti vergogni a darglielo sulla bocca”. Ranieri era rosso in viso, due o tre volte fece l’atto di alzarsi e andar via. Fu aiutato da papà Kelly che agitando il bicchiere di whisky, urlò. «Piantatela, ragazzi. Mia figlia non ha ancora confidenza col principe». I reporters li assordavano con le domande: «Principe, come si traduce in inglese il nome del tuo yacht?». Una risata irrispettosa accolse la risposta di Ranieri che tradusse l’espressione latina Deo Juvante con le parole God help us: Dio ci aiuti.

Intanto, a casa Kelly, gli inviati della televisione avevano quasi forzato le porte installandosi con le camere da presa perfino sul tetto. “Largo”, gridavano saltando sui mobili antichi e buttando i mozziconi di sigaretta ancóra accesa sui tappeti persiani. Quando i due fidanzati arrivarono, un elettricista non riconobbe Ranieri: “Fuori dai piedi, giovanotto. Lasciaci lavorare”. E quando mamma Kelly gli fece notare, indignata, che quello era il principe, disse invece di chiedere scusa: “E che ne so, io. Forza, ragazzi, è arrivato lo sposo. Mettetegli un po’ di cerone sul viso”. Grace bolliva di rabbia e se la prese con la madre. Come aveva potuto permettere a quei vandali di assaltare la casa per mancare di rispetto al suo Ray? Mamma Kelly la lasciò dire: si divertiva troppo con quella confusione. La sera stessa, esasperati, Grace e Ranieri ripartiremo per New York. Dando la buonanotte a Ranieri, Grace aveva le guance tinte di rosa: l’indomani, al Waldorf Astoria, avrebbe assaporato la sua apoteosi.

Per presentare Ranieri alla buona società di New York, era stato organizzato un “ballo imperiale”: i fidanzati avrebbero preso posto sotto una specie di baldacchino. Grace arrivò con un abito color avorio, lungo fino ai piedi, una stola di ermellino sulle spalle nude, i capelli raccolti sulla nuca. Era bellissima e spavalda, sorrideva come un uomo politico che è stato eletto governatore. Ranieri indossava il frac ed aveva il petto coperto da mezzo chilo d’onorificenze: ma si sentiva chiaramente a disagio. Gli era tornata sul volto un’espressione di scontento, di noia. L’espressione divenne più cupa quando una bellissima bruna si fece largo fra gl’invitati e gli stampò un bacio sulla guancia, lasciando una macchia di rossetto color geranio. “Il mio Ranieri mi conosce bene”, disse poi allontanandosi. Ranieri si pulì la guancia e farfugliò: «È la prima volta che la vedo». (Era sincero: la sconosciuta voleva la fotografia sui giornali ed aveva compiuto quella prodezza per consiglio di Guido Orlando, il re della pubblicità che si autodefinisce «un simpatico mascalzone». Grace non disse nulla. Rimase immobile, bianca sotto la cipria color ocra, ma gli occhi le lampeggiavano e aveva le labbra contratte. Poi riprese a parlare come se nulla fosse successo. L’indomani preparò le valigie per recarsi ad Hollywood.

Il matrimonio era fissato per il 19 aprile nella cattedrale di Monaco ma, prima, Grace doveva girare Alta Società e per niente avrebbe mancato a un impegno. Ranieri non tentò nemmeno di dissuaderla: nei giorni precedenti all’annuncio ufficiale egli aveva sfiorato il problema della carriera di Grace ma la sua timidezza gli aveva sempre impedito di confessarle che una Grimaldi non avrebbe potuto fare l’attrice. Grace, intuendo quel desiderio, aveva sempre risposto ai cronisti che la interrogavano sulla faccenda: «Farò ciò che il principe vorrà». Fu quindi deciso che, mentre Grace tornava ad Hollywood, Ranieri sarebbe andato a Palm Beach per rimettersi dalle emozioni. Ma, al momento di salutarsi, egli ricordò alla fidanzata i nuovi doveri che le imponeva il fatto di salire su un trono. Grace annuì. Ormai tutta la sua volontà era tesa verso un obiettivo che si chiamava principato di Monaco. Telegrafò a Morgan Hudgins, agente della MGM, di trovarle entro tre giorni una villa grande e nascosta, fornita di abbondante servitù. Hudgins affittò una villa alle Pacific Palisades che davanti era coperta da una siepe e dietro si affacciava sull’Oceano Pacifico. La villa aveva tre camere da letto, una sala da pranzo, un soggiorno, uno studio, un campo da tennis, una servitù addestrata in Europa ed una cuoca francese.

Grace partì in treno perché così le aveva raccomandato Ranieri: ora che s’era trovato una moglie non poteva rischiare di perderla in un disastro aereo. Era accompagnata da Nadia Woods, la sua segretaria privata, dalla parrucchiera Virginia Darcy, da una cameriera personale e dall’inseparabile Olivier, il barboncino. Il suo arrivo ad Hollywood non ebbe nulla da invidiare a quello di Gloria Swanson quando giunse sposata al marchese de la Falaise. C’erano centocinquanta fotografi, trecento reporters; ci furono cinquantasette contusi. Grace scrisse alla madre: «Era molto divertente ed io mi sentivo felice». Nessuno ne dubita: il suo carattere le permette di sentirsi felice solo quando può congratularsi con se stessa per ima vittoria. E nessuno ha più rivisto sulla sua faccia senza emozioni, la gioia serena che la illuminava nei mesi che precedettero il matrimonio. Dice Morgan Hidgins: «Camminava a testa alta come se tenesse già la corona e temesse di vederla scivolare giù dalla fronte ad abbassare un poco lo sguardo».

Non rispose ai reporters che la supplicavano di dire qualcosa: Ranieri le aveva raccomandato il silenzio. Salì con Olivier sulla sua limousine e si diresse alle Pacific Palisades. Approvò la scelta della casa, ringraziò in francese la cameriera che le porgeva il vassoio coi telegrammi. Il primo veniva da Bing Crosby e diceva: «Eri radiosa nelle fotografie che ho ammirato e tutti ti abbiamo amata per questo». Il povero Bing lo aveva scritto con la morte nel cuore ma Grace lesse senza battere ciglio. Il secondo era di Jean Pierre Aumont e le augurava molta fortuna. Grace lo lesse sbattendo appena le ciglia. Il terzo era di Ranieri e Grace lo lesse ansimando. Il principe la informava della biografia che sua madre aveva scritto pei giornali della catena di Hearst. Mamma Kelly aveva accettato di scriverla di nascosto alla figlia, per devolvere il pagamento alla Women’s Charity Hospital di Filadelfia ed anche perché l’idea le piaceva. Però aveva illustrato senza scrupoli ipocriti tutte le avventure amorose che avevano ravvivato la vita di Grace e questo agli occhi di Grace equivaleva a un insulto. Sconvolta dalla rabbia telefonò alla madre ed ebbe un alterco spontaneamente borghese. Poi spedì un telegramma di scuse a Ranieri e disse alla servitù: “Subito al lavoro, pregai. Non ammetto altre interruzioni”.

La mattina dopo, alle sei, era già al teatro di posa. Giungeva con la consueta puntualità, era disciplinata come sempre. Chuck Walters, il regista, osservò: “Si comporta come se non le fosse successo nulla di straordinario. Mi fa quasi paura. Certo possiede il sistema nervoso più forte di tutte le donne che ho conosciuto”. Un altro disse: “Scommetto che ora studia i gesti anche nella stanza da bagno: solo una attrice come lei poteva fronteggiare con tanta bravura gli avvenimenti dei giorni passati. Grace farebbe una grossa sciocchezza ad abbandonare il cinema a questo punto. Credo che queste nozze non si faranno”. Nessuno ad Hollywood credeva che Grace e Ranieri si sarebbero sposati davvero. Cominciava a dubitarne anche Rita Gam, l’amica del Barbizon Hotel, che aveva raggiunto Grace per farle la dama di compagnia. Rita dice che Grace non faceva che parlare del principe (diceva “principe” e non “Ranieri”) come se volesse convincere se stessa che aveva fatto bene ad accettare. Ma allo stesso tempo era tranquilla perché diceva a Rita: «Ho finalmente organizzato su basi solide il futuro. Non dimenticare che sono cattolica e vengo da una famiglia borghese. Non ho mai scartato a priori l’idea di crearmi una famiglia».

Non la turbavano, perciò, nemmeno le chiacchiere di Hollywood: e che Aumont era laggiù, e cosa sarebbe successo se si fossero incontrati, e che Bing Crosby doveva recitare al suo fianco molte scene d’amore, e come l’avrebbe presa Ranieri. Infatti, per zittire le insinuazioni, chiese a Ranieri di raggiungerla appena possibile. Ranieri lasciò immediatamente Palm Beach, si comprò una nuova automobile e, attraversando la Louisiana, il Texas e l’Arizona («Vado in California come turista»), giunse ad Hollywood col suo seguito: il dottor Donat, l’aiutante di campo Frank Cresi, due servitori che erano venuti in aereo da Cannes. Prese una villa in affitto a Bel Air ignorato da tutti, ed ebbe presto l’appoggio del padre che volò apposta a Hollywood per fare coraggio a Ranieri e conoscere colei che sarebbe diventata sua nuora. L’incontro fra Pierre de Polignac e Grace Kelly fu cordiale.

“Questa volta invidio Marylin”

A Pierre de Polignac, che aveva passato tre quarti della sua vita a correre dietro alle donne, questa bionda gelida e raffinata non poteva dispiacere e le baciò la mano facendo vibrare i baffetti bianchi.

Poi chiese a Ranieri se le avesse spiegato l’assoluta necessità di abbandonare la carriera di attrice. Ranieri arrossì: gliene era infatti mancato il coraggio. Grace gli venne in aiuto spiegando, senza commenti, che l’indomani avrebbe dato per questo una conferenza stampa e subito informò Dorè Shary, capo della MGM, che fu colto da una crisi nervosa. Grace valeva, ormai, duecento mila dollari a film: chi li avrebbe compensati del danno? Intervenne Ranieri: non si preoccupasse: sarebbe stato rimborsato fino all’ultimo centesimo. Ma chi l’avrebbe sostituita?, si lamentava il povero Shary. “Questo non mi riguarda”, disse Grace senza un sorriso. La sostituì Laureen Bacall nel film Designing Woman e Dana Winters nel film Something of Value. Ma nessuna l’avrebbe mai sostituita nel ruolo di First Lady di Hollywood nel quale, a sua volta, essa aveva sostituito Gene Tierney, prima moglie di Oleg Cassini. “Confidiamo”, disse un maligno, “in Oleg Cassini”. Quanto alla conferenza stampa, fu memorabile. Sembrava che Grace annunciasse la morte di qualcuno anziché il suo abbandono delle scene. Hedda Hopper chiese a Grace: «Ti rendi conto delle cose alle quali rinunci?», Grace rispose: «Forse non vi rendete conto di ciò che guadagno».

Il film Alta società fu finito gli ultimi di marzo. Ranieri era partito col padre per organizzare i preparativi delle nozze e Grace aveva appena dieci giorni per fare le valigie prima di imbarcarsi sul Constitution. Ma tutta l’America le venne in aiuto: esplose, in quei dieci giorni, la più isterica confessione d’amore che un paese abbia mai dedicato a una attrice. Centoventisei milioni di americani erano ubriacati dal fatto che una loro concittadina sposasse un sovrano e glielo dimostrarono in modo tangibile. Le giungevano da ogni parte offerte per fabbricarle nuove pettinature e toilettes. Neiman Marcus, proprietario dei grandi magazzini di Dallas, nel Texas, mandò un emissario perché miss Kelly scegliesse nel catalogo tutto ciò che voleva.

Ben Zuckerman le chiese l’onore di dedicarle ventiquattro toillettes aggiungendone due per regalo ma, quando Grace mandò a chiedere il conto, rispose così: “Con gli omaggi della ditta”. Ritter, il pellicciaio, le mandò un mantello di leopardo e una stola di volpi bianche. La Metro, sperando che essa tornasse sulle sue decisioni, le regalò tutti i vestiti che aveva indossato in Alta Società. Helen Rose le cucì gratuitamente i due abiti da sposa: quello in pizzo per la cerimonia religiosa e quello in broccato per il rito civile. Grace accettò tutto senza scomporsi: padre Tucker le aveva spiegato che una sovrana può accettare regali. Respinse solo il celebre parrucchiere che era giunto apposta da Parigi per offrirle i suoi servigi il giorno delle nozze: Grace aveva promesso di farsi pettinare da Virginia Darcy. Praticamente i suoi bagagli erano già pieni quando partì per New York ma lei pensava di non averne abbastanza e, presa da una smania di eleganza, cominciò a girare pei negozi comprando decine di scarpe e di cappellini, centinaia di guanti, tutta roba che in seguito non avrebbe adoperato perché a Ranieri piace la moda francese.

Il matrimonio era diventato per miss Kelly un problema di guardaroba. Il suo appartamento in Fifth Avenue era trasformato in una sartoria. Si entrava in casa scavalcando scatole e cappelliere. Grace aveva sempre avuto l’abitudine di non gettare gli abiti vecchi (né le cartoline di auguri né i biglietti del treno) ed ora tirava fuori ogni cosa: avendo meno che mai il coraggio di buttarli via. Nei bauli, che spedì a Montecarlo c’erano perfino tre paia di blue-jeans scoloriti; due golf ormai logori, un costume da bagno che risaliva al tempo in cui andava con la famiglia a Ocean City. Su ogni pacco incollò un biglietto su cui aveva scritto: Do not open on penalty of death (che significa, pressappoco: chi tocca, muore) perché nessuno dei servitori li aprisse, e i servitori rimasero esterrefatti e indignati. L’abito da sposa giunse per ultimo, portato da Morgan Hudgins: l’agente della MGM che l’avrebbe seguita a Monaco per ricordare il contratto che la legava ancora alla casa. L’abito era chiuso dentro una scatola lunga due metri e larga mezzo metro. La scatola era rinvoltata in carta marrone e aveva qualcosa di macabro. Morgan Hudgins racconta che il portiere non voleva lasciarlo passare e disse: «Giovanotto, avete l’indirizzo sbagliato. La Campbell’s Funerei Home è dietro l’angolo di Madison Avenue». Grace sbiancò e disse: «My goodness, sembra una bara».

La partenza sul Constitution era fissata per il 4 aprile. Grace si alzò all’alba, telefonò a zio George che restava a New York e, quando tutto fu pronto, si mise a girare per la casa vuota come se esitasse a lasciarla. Le dispiaceva lasciare New York, l’unica città dove si fosse sempre sentita a suo agio, le dispiaceva lasciare quell’appartamento che non aveva avuto il coraggio di disdire (infatti l’avrebbe tenuto per quando sarebbe tornata in America), le dispiaceva lasciare la carriera di attrice e tutti se ne accorsero, finalmente, quando con le ciglia aggrottate lesse la notizia che Marilyn Monroe stava per girare un film con Laurence Olivier. L’attore shakespeariano era sempre stato il suo idolo: “Questa e l’unica volta”, disse Grace, “che invidio Marilyn Monroe”. Le tremava in fondo alla voce una inconfessata malinconia. Poi Morgan Hudgins venne a dirle che l’automobile era pronta per accompagnarla al porto. Grace mise il cappellino rosa che Ranieri le aveva comprato come regalo di Pasqua e si girò un’ultima volta a guardare la casa. «Non era una casa completa», disse, «ci mancava qualcosa. Ma nemmeno io sono mai stata completa». Salì in macchina, una Cadillac nera, insieme a Hudgins ed a Peggy. Era una giornata fredda, malgrado la primavera inoltrata. New York era coperta da una patina di nebbia. Rincantucciata in fondo al sedile, Grace tirò un sospiro e disse a Peggy: «Dicono che laggiù ci sia sempre il sole». Peggy rispose: «Ti piacerà. D’inverno si scoppia di caldo». Grace disse: «Mi piace la nebbia».

La partenza dal porto 84 meriterebbe di essere descritta in Un film da Charlie Chaplin. Grace era vestita di beige. Olivier, il barboncino, portava al collo un fiocco beige. Grace aveva le unghie tinte di smalto rosa. Olivier aveva le unghie tinte di smalto rosa. I due personaggi erano accompagnati dai coniugi Kelly, da Peggy col marito e le due figlie gemelle, dalla segretaria Nadia Woods che si pettinava e si muoveva come Grace Kelly, dalla parrucchiera Virginia Darcy, dalle sei damigelle, da settanta invitati scelti dal padre: quasi tutti re del maiale in scatola, re degli asparagi, re dei fiammiferi, re delle cipolle sottaceto. Questi re senza etichetta erano pieni di valigie e di bambini e urlavano come ossessi per fare sapere che partivano insieme a Grace Kelly.

Il discorso d’addio

C’erano infine giornalisti e fotografi giunti perfino dall’India, dal Giappone e dalla Turchia. La folla gremiva la banchina del porto dimenticando che in quei giorni si sposava anche Margaret Truman, un avvenimento che in altri tempi avrebbe fatto impazzire. Quando Grace scese dalla sua Cadillac, dalla folla si alzò un boato e i poliziotti dovettero improvvisare un doppio cordone. perché Grace non fosse ridotta in polpetta. Alla dogana non le aprirono nemmeno un pacchetto; preoccupati com’erano a chiederle autografi.

Lizanne, che non partiva con la sorella perché aspettava un bambino, e Jack, che non partiva perché sua moglie Mary era incinta, riuscirono a superare la calca solo all’ultimo momento. Quando raggiunsero la sorella, scoppiarono a piangere come bambini ma Grace non aveva tempo di piangere: padre Tucker la tirava per un braccio perché leggesse il discorso in francese ai corrispondenti di Radio Montecarlo. Grace prese il foglio, ci dette una occhiata, poi lo ripiegò in quattro e improvvisò, in inglese: « Sono profondamente commossa di lasciare gli Stati Uniti: questo paese dove sono nata e cresciuta. Ma è con gioia che porto ai monegaschi l’affetto sincero dei loro amici americani. Tutti gli americani che hanno visto Monaco vorrebbero tornarci, molti vorrebbero rimanerci. Io ci sono stata un anno fa, mi è piaciuto, ed ecco che torno per restarci tutta la vita…». La voce le morì in gola.

Polemica col fotografo

Allora aprì il foglietto di padre Tucker e proseguì in francese: «Voglio anche dire ai miei futuri compatrioti che il principe mio fidanzato mi ha insegnato ad amarli. Grazie a lui, mi sembra di conoscerli già bene e il mio desiderio più profondo è di ottenere un giorno un piccolo posto nel loro cuore per dividerne insieme le gioie e i dolori, le speranze e le delusioni».

Pioveva quando ululò la sirena della partenza e una voce dall’altoparlante ordinò: “Tutti a terra”. Attraverso la pioggia i grattacieli si intravedevano appena grigi sullo sfondo come muraglie. Chi aveva sperato di assistere dalle finestre all’addio di Grace rimase deluso. Ma tutti la videro alla televisione perché decine di macchine da presa erano puntate verso di lei che sventolava la mano inguantata. L’emozione era passata: un sorriso soddisfatto si apriva sui suoi denti bianchissimi. Durante l’intensa vigilia Grace non aveva trascurato il dentista che le aveva limato un incisivo sporgente. Poi essa volse bruscamente le spalle e mentre la nave usciva lentamente dal porto, la cercarono invano: era chiusa in cabina. Chiese Levine un anno dopo: «Tutti rimasero colpiti dal fatto che Sua Altezza non fosse sul ponte per dare l’ultimo saluto a New York. Sua Altezza aveva voglia di piangere? Sentì il bisogno di chiudersi in se stessa e pensare?». Rispose Sua Altezza: «Oh no. Dovevo disfare i bagagli e far stirare i vestiti per il viaggio».

La traversata durò otto giorni: con padre Tucker alle costole. Ranieri aveva raccomandato a Grace di non bere né di ballare e di comportarsi da buona cattolica: se si fosse comportata bene, l’avrebbe insignita dell’ordine di San Carlo, una onorificenza che le donne portano legata ad un fiocco che attraversa il torace dalla spalla alla vita. Grace aveva visto quel fiocco nelle fotografie di Elisabetta d’Inghilterra e lo voleva. Così, ogni mattina, confessava a padre Tucker i suoi inesistenti peccati e faceva la comunione nella cappella. Non beveva, lasciando quel compito a papà Kelly il quale raddoppiava ogni giorno le dosi di whisky sicché, come scrisse qualcuno, un bravo sommozzatore potrebbe ricostruire esattamente la rotta tenuta dal Constitution raccattando in fondo all’oceano, le bottiglie vuote di whisky che papà Kelly gettava dal ponte. Ogni giorno Grace scriveva una lettera al fidanzato, per raccontargli quanto fosse brava e ubbidiente: voleva imbucare le lettere durante la sosta ad Algesiras, ma quando seppe che la posta viaggiava lentamente e che le lettere sarebbero arrivate dopo di lei, le buttò via: e Ranieri non le lesse mai.

I fotografi la seguivano con ostinazione. Grace era gentile con loro. Ma si irrigidì quando le dissero che c’era a bordo il fotografo di Paris Match che aveva immortalato il suo idillio con Jean Pierre Aumont al Vieux Moulin di Cagnes. Grace volle sapere il suo nome: si chiamava Walter Carone. Il giorno dopo c’era una conferenza stampa e domandò: «Chi di voi è Walter Carone?». Si fece avanti un giovanotto simpatico, dalla faccia abbronzata e i capelli neri sugli occhi. «Suppongo che abbiate nascosta una macchina fotografica dentro ogni bottone della vostra camicia. Suppongo che cercherete di fotografare qualche episodio sensazionale perfino durante la mia luna di miele», disse Grace con voce tagliente. Il giovanotto rispose con calma: «Faccio il mio mestiere, miss Kelly». Lei si imporporò leggermente e capì di avere fatto uno sbaglio: una principessa non polemizza con i fotografi, specialmente a proposito di qualcosa che vuole dimenticare. Infatti fece sapere a Carone che lo perdonava e gli permetteva di farle un servizio esclusivo sul ponte.

Il suo umore andò peggiorando durante il viaggio. Nei primi giorni era allegra: partecipava alle cene di gala e non esitava a farsi vedere mentre lanciava stelle filanti e coriandoli. Una volta si fece perfino convincere a cantare insieme all’orchestra le canzoni di High Society: imprudenza che mise in grave pericolo l’investitura dell’Ordine di San Carlo. Quando, in mezzo all’Atlantico, il Constitution s’incrociò con l’Indipendence e anziché il consueto messaggio, questa nave trasmise: “Good luck, Grace” (Buona fortuna, Grace), rise di gioia. Ma, una volta entrati nel Mediterraneo, divenne più chiusa e più triste. Stava sempre su una poltrona a fare sciarade, oppure in cappella a pregare oppure chiusa in cabina a guardare il cappello che avrebbe messo per sbarcare nel porto di Montecarlo: bianco, grande come un parapioggia, che le nascondeva il volto fin sotto il naso. Grace lo aveva fatto venire da Parigi e ne andava fierissima. Ignorava che, per una sovrana, è grave errore di etichetta nascondere il volto sotto un cappello e che il medesimo sbaglio lo aveva compiuto Marina di Kent facendo la sua prima uscita ufficiale alle corse di Ascot. Ranieri le avrebbe dovuto insegnare molte cose e forse anche per questo le prese il panico quando apparve all’orizzonte la costa francese. Infatti si sparse la voce che Grace soffriva improvvisamente il mal di marre e che non voleva vedere nessuno, nemmeno Peggy e sua madre: che andasse da lei Bettina Gray, sua ex-compagna di camera al Barbizon Hotel di New York. Bettina corse ad assisterla e non ha mai raccontato ciò che Grace le disse. Si sa solo che Grace non aveva il mal di mare aveva solo una gran voglia di piangere e, appoggiata al petto di Bettina sfogò le sue lacrime per un intero pomeriggio.

La nave entrò nella rada di Cannes all’alba del 12 aprile. C’era un gran sole, quella mattina, e mentre il Deo Juvante, dipinto di fresco, si accostava alla nave perché Grace incontrasse Ranieri, tre aerei e tre elicotteri volarono a bassa quota per dare un tono marziale all’incontro. Erano le dieci quando Grace salì sullo yacht di Ranieri. Grace indossava una redingote blu, da prelato, e anche Ranieri era vestito di blu. Sembrava dimagrito e tremava. Non ci furono, nemmeno stavolta, baci ed abbracci: l’etichetta non lo permetteva, anche se i due ne avevano voglia. Ma non sembrava che ne avessero voglia. Si strinsero la mano, sorrisero, e la moglie del sindaco porse a Grace una collana di orchidee, come fanno gli abitanti delle Hawaii quando sbarca un turista. Poi il Deo Juvante uscì dalla baia di Cannes, si diresse verso il porto di Montecarlo. Erano le dieci e quarantacinque quando entrò in porto. La folla gremiva la banchina. Onassis, pilotando il suo elicottero personale, buttava dal cielo garofani bianchi e rossi. Dal palazzo di Monaco esplosero ventun colpi di cannone. “Eccola!”, urlavano i monegaschi. “La vedremo, finalmente!”. Fu buttata giù la scaletta, Ranieri si fece da parte, cedendole il passo. Grace avanzò e, con grazia solenne scese un cappello.

E adesso? Forse regina

Il resto è cronaca recente. La ragazza sotto il cappello è oggi una signora solenne e ingrassata che ha già dato un erede al trono di Monaco e sta per mettere alla luce il secondo. Alle prime di gala porta a tracolla il suo fiocco con la onorificenza di San Carlo e, quando tiene un discorso, dice “noi” invece di “io”, “noi ordiniamo” invece di “io vorrei”: come il marito. Jean Cocteau le dedica sonetti ispirati, il Papa la riceve in lunghe udienze private chiamandola “cara figliola” e additandola come esempio alle fanciulle dabbene. I giovani più intelligenti di Francia subiscono i suoi capricci senza reagire. Sua Altezza Serenissima Grace Patricia rifiutò di partecipare alla prima del balletto di Françoise Sagan perché c’era una scena erotica ambientata in una stanza da bagno. Disse che sarebbe andata se avessero tagliato la scena nella stanza da bagno. Precipitosamente, quei noti ribelli tagliarono la scena nella stanza da bagno.

Il matrimonio va avanti senza contrasti. Ranieri si è innamorato di lei e lei, dicono, si è innamorata di lui. I giornali dedicano a Grace moltissimo spazio e tutti ci chiediamo se è felice o infelice come se il dubbio ci turbasse fino a toglierci il sonno. Questo le basta? Questo è ciò che agognava? Chi lo sa. Non provate neppure a tentare di capirlo. C’è chi dice che il personaggio più significativo e sconcertante del nostro tempo non ha ancora finito di scrivere il suo romanzo perfetto. Ora che è principessa, Grace vuol diventare regina. Per lei, Ranieri sta meditando di trasformare il principato in un regno. Forse, solo allora, Grace scriverà la parola fine allo straordinario romanzo della sua vita.

5.Fine

L’Europeo del 9 febbraio 1958

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